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TIM nel Diversity and Inclusion Index

L’inclusione si conferma un asset sotto osservazione da parte degli analisti finanziari perché predittivo delle performance dell’azienda. Ne abbiamo parlato con Barbara Falcomer e Igor Suran, Direttori Generali rispettivamente di Valore D e PARKS.

01/01/2019 - 13:05

Da molti anni gli esperti di organizzazione aziendale hanno evidenziato i legami tra capacità delle aziende di favorire l’inclusione e la valorizzazione delle diversità e le performance, non solo sulle aree legate al clima e al benessere organizzativo ma anche su quelle relative al posizionamento competitivo e la innovation generation.

Da qualche tempo questi risultati sembrano acquisiti anche dal mondo dei mercati finanziari.

Il Diversity and Inclusion Index di Thomson Reuters è la punta dell’iceberg di un'evoluzione che appare molto veloce. Per TIM l'analisi di Thomson Reuters del 2018 è stata particolarmente positiva: siamo entrati nella Top 25 dell'indice, migliorando il ranking dello scorso anno passando dalla 93ma alla sesta posizione -, e classificandoci prima azienda italiana e prima telco al mondo.

Thomson Reuters multinazionale dell’informazione economica, classifica la performance di oltre 7.000 società in materia di diversità e inclusione, sulla base di dati ambientali, sociali e di governance raccolti da fonti pubblicamente disponibili quali bilanci di sostenibilità, relazioni finanziarie e siti web aziendali, notizie stampa e documenti di Borsa. L’Indice misura la performance aziendale prendendo in considerazione quattro aree: Diversity, People Development, Inclusion e News Controversies. Le aziende che riescono a ottenere una votazione positiva in tutti e quattro gli ambiti ricevono un punteggio complessivo, calcolato come media dei punteggi nelle diverse aree. L’indice viene rivisto con cadenza trimestrale, utilizzando i dati più recenti dal database di Thomson Reuters.

Gender Diversity e performance delle società quotata in Italia  è un altro esempio, una pubblicazione Consob che fa il punto sull’applicazione della normativa sulle quote di genere da parte delle società quotate in Borsa.

TIM si occupa di inclusione dal 2009

In 10 anni molte cose sono cambiate e anche l’atteggiamento delle aziende e dei mercati su questi temi e un grande aiuto per la crescita di TIM su questa area è stata la partnership pluriennale con due realtà associative molto importanti: Valore D e PARKS, associazioni di aziende che si occupano della valorizzazione delle donne e delle persone LGBT nel mondo del lavoro, di cui siamo soci e membri del CdA. 

Abbiamo discusso di come sta cambiando lo scenario dell’inclusione nel mondo delle aziende con i Direttori Generali delle due associazioni: Barbara Falcomer e Igor Suran.

Barbara e Igor, a che punto siamo nella consapevolezza dell'importanza dell'inclusione?

Barbara Falcomer: Valore D, che nel 2019 compie dieci anni, é nata per valorizzare il talento delle donne nel mondo del lavoro con un approccio aziendale, sottolineando il valore - anche economico - di una maggiore diversità di genere nelle organizzazioni.

All'inizio era un tema del tutto nuovo in Italia e mentre negli Stati Uniti si parlava già di Womenomics il processo di sensibilizzazione qui é stato lungo e complesso. Ma l'impressione é che le cose stiano cambiando, non solo perché le aziende sono più attente all'equità di genere ma anche perché é un mercato sempre più veloce e globale che lo richiede.

Qualche esempio: il 66,5% degli acquisti in famiglia, a livello globale, é ormai decisa dalle donne - automobili e videogiochi inclusi - quindi é importante saper capire i loro gusti e preferenze, avendo per esempio donne nelle posizioni di vendita e marketing. La diversità di genere in azienda porta un altro punto di vista, aiuta a riflettere la diversità del mercato di riferimento ed ha quindi un impatto diretto sulla capacità di innovazione e sugli utili che crescono in media del 15,3% con almeno 15% di donne nel Senior Management dell’azienda.

Questi dati sono sempre più noti alle aziende, che incominciano a misurarli anche al proprio interno. Con le nuove normative internazionali infatti anche i dati di bilancio non finanziari diventano parte integrante della valutazione di un'azienda da parte di investitori e regolatori del mercato. Ci sono già stati vari casi nei quali un fondo d'investimento ha chiesto ad un'azienda evidenza del proprio divario salariale di genere in sede di assemblea di bilancio, per esempio.

Igor Suran: i legami stretti e funzionali tra un’efficace strategia di inclusione e le performance aziendali sono ormai stati “legittimati” soprattutto nelle economie occidentali. Si parla sempre di più del valore che l’inclusione genera; si parla del “business case” dell’inclusione. 

Anche in Italia si sta diventando sempre più consapevoli di questo forte legame, troppo spesso però si crea un’uguaglianza formale attraverso norme e leggi senza attivamente perseguire anche quella sostanziale che si raggiunge attraverso il cambio della cultura. 

Si è inclusivi solo quando si considerano tutte le espressioni della diversità: in Italia invece tuttora si fatica a capire questo principio e molti ancora non credono che anche l’inclusione LGBT possa essere un forte generatore di benessere e di valore.

Barbara, si parla sempre di più di leadership al femminile ma quali sono ancora oggi le barriere, interne od esterne al mondo del lavoro, che una donna incontra nello sviluppo della sua carriera?

Le barriere sono sia esterne che interne, spesso il confine è labile e si crea un corto circuito che non fa avanzare le donne nel mondo del lavoro. La principale barriera che noi stesse costruiamo é la bassa autostima: donne e uomini hanno lo stesso livello di ambizione ma le donne sono meno fiduciose di raggiungere i loro obiettivi professionali. questo però avviene - almeno in parte - anche a causa di barriere esterne, come il peso della conciliazione.

Una carriera implica un modello "anytime, anywhere” , ma la combinazione carriera e famiglia è percepita essere più difficile per le donne, perché la nostra cultura ovvero la struttura socio-economica considera ancora le donne le principali responsabili dei carichi di cura.  Così le donne tendono a scegliere percorsi di carriera in funzioni dove non hanno responsabilità operative di business e quindi con minore probabilità di crescita verso il vertice. così alla fine lo stile di leadership prevalente è quello maschile e pertanto rimane una barriera per circa il 40% delle donne che ritengono di non essere "adeguate” per posizioni di vertice.

Igor, parlando di persone LGBT e mondo del lavoro, oggi a volte si commenta dicendo, dopo la legge sulle unioni civili, non sussisterebbero più problemi. Quali sono invece ancora i punti aperti per una reale inclusione e sviluppo delle persone LGBT nelle aziende?

Credo che la Legge sulle unioni civili abbia non chiuso, bensì scoperto, il contenitore di problemi e di situazioni da affrontare e risolvere. Prima della Legge, solo poche aziende virtuose parlavano di questo tema. Gli altri non ne parlavano, e come spesso capita il non parlare di un tema creava la parvenza che tutto andasse bene.  Oggi invece ogni datore di lavoro ha l’obbligo di adeguarsi alla Legge e di conseguenza di affrontare delle situazioni fino a poco fa mai vissute. Il buon datore di lavoro vorrà spiegare a tutti i dipendenti il significato di questa storica Legge e vorrà mettere a loro disposizione ogni strumento che possa rendersi necessario affinché tutti capiscano perché e come dare il proprio contributo al raggiungimento di questo importante obiettivo strategico: l’inclusione anche delle persone LGBT nei luoghi di lavoro. 

Molti considerano ancora l’argomento LGBT come una questione privata che non riguarda il lavoro. Questo è il primo e a volte il più difficile ostacolo che deve essere superato. Insieme alle normative aziendali interne che aiutano i colleghi LGBT e le loro famiglie a godere dello stesso benessere come tutti gli altri, la sensibilizzazione e la formazione su questi temi rappresentano lo strumento più efficace per creare la vera cultura di inclusione.le barriere sono sia esterne che interne, spesso il confine è labile e si crea un corto circuito che non fa avanzare le donne nel mondo del lavoro.

 

Quelle che dirigete sono associazioni di aziende con un ambito di interesse verticale. Vedete possibile l’avvio di progetti che trattino le diversità in modalità intersezionale o, addirittura, partendo dalla persona nella sua unicità?

Barbara: Sì certo, siamo partiti dalla diversità di genere perché sia a livello paese che per le aziende associate é la più rilevante e urgente: in Italia ancora meno di una donna su due lavora, ma se il tasso di occupazione arrivasse al 60%, il PIL potrebbe crescere del 7%. Uno spreco di talenti e di risorse che ancora oggi avviene ad ogni livello aziendale: in molte realtà ormai le donne sono il 50% dei dipendenti, ma per ogni avanzamento di carriera c'è una dispersione del 20% circa e le donne al vertice si contano ancora sulle dita di una mano. 

Partendo da questa diversità, abbiamo sviluppato un approccio, modalità e strumenti, che sono in grado di riconoscere e valorizzare l'individuo nella sua unicità. Stiamo per esempio lavorando sulla diversità generazionale e su quella culturale. Si parla molto di millenials ma non basta puntare su di loro in azienda, perché portino innovazione e crescita: é importante supportare la collaborazione con le altre generazioni - in alcuni casi anche fino a 5 diverse - presenti al lavoro. 

E poi con l'allungamento della vita e dell'età pensionabile, c'è tutta una fascia della popolazione, quella degli "over 50" che hanno un patrimonio di conoscenze incredibili in azienda ma che il mondo del lavoro spesso tende a mettere ai margini.

 

Igor: Noi tutti lavoriamo affinché in un futuro non molto lontano il punto di partenza e di arrivo di tutto sia la persona nella sua unicità. Il concetto dell’intersezionalità delle diversità e molto importante e addirittura sfida le leggi dell’aritmetica. 

Una diversità aggiunta a un’altra crea spesso una difficolta maggiore nella vita rispetto a quando non vi sono altre diversità in capo alla stessa persona. Noi tutti portiamo dentro tante caratteristiche che al mondo esterno possano sembrare “diversità”. Ciascuna ha un suo “peso”, una sua difficoltà. Per poter serenamente credere di poter partire dalla persona nella sua unicità noi tutti dobbiamo iniziare a capire il “peso” e le difficoltà di quelle diversità che noi stessi non abbiamo mai vissuto. 

Dobbiamo renderci conto che siamo noi “non-diversi” a potenziare queste difficolta. Siamo noi a vedere dei problemi e a crearli laddove le persone “diverse” questi problemi spesso né vedrebbero né li avrebbero.

Quali sono i progetti più interessanti che avete visto sviluppare dalle aziende negli ultimi anni?

Barbara: Sono tantissimi! Innanzitutto i nostri programmi di sviluppo partono da esigenze aziendali e a volte da best practice che nella logica associativa cerchiamo di diffondere a tutte le aziende affinchè ispirino e contagino altre realtà.

Siamo molto orgogliosi del nostro progetto Manifesto per l’Occupazione Femminile, un documento programmatico in 9 punti per aumentare l’occupazione e valorizzare le donne in azienda. Siamo partiti proprio dalle best practice accumulate in quasi dieci anni e abbiamo promosso un network tra amministratori delegati delle aziende associate che si scambiano esperienze.

Dopo la firma del Manifesto l'anno scorso alla presenza di amministratori delegati e delle istituzioni, con il patrocinio del G7 Italiano, quest'anno a settembre i CEO si sono incontrati di nuovo per fare in punto dei risultati conseguiti e definire progetti ed azioni molto concreti da portare avanti nelle loro aziende e a livello Paese, in particolare sulla creazione di una pipeline di donne di talento, sulla gestione della genitorialità, sulla promozione delle competenze STEM tra le ragazze, e su come coinvolgere management e istituzioni in un cambiamento culturale necessario e irrinunciabile per il progresso sociale ed economico.

 

Igor: Tanti sono i progetti che le aziende con cui lavoriamo hanno sviluppato negli ultimi anni. Progetti che lasciano un segno importante: fanno stare meglio le persone. Aziende che non solo si sono adeguate ai requisiti della Legge sulle unioni civili ma che hanno deciso di rispettare la dignità delle famiglie LGBT con figli anche in assenza di un quadro normativo nazionale. Come, ad esempio, avete fatto in TIM. 

Aziende che ogni anno organizzano giornate e settimane dedicate anche alla diversità LGBT. Aziende che hanno deciso di impegnare la propria forza e visibilità anche esternamente, supportando in modo inequivocabile lo sforzo della società italiana a portare avanti il cambiamento culturale. Aziende cha hanno organizzato per la totalità dei suoi dipendenti delle sessioni di formazione sui temi LGBT. Aziende che sono diventate consapevoli che la diversità LGBT è un fatto della vita e che l’inclusione LGBT è una scelta aziendale. Ed esse hanno scelto e ne sono orgogliose.

Le biografie di Barbara Falcomer e Igor Uran

Barbara Falcomer ha al suo attivo più di 20 anni di esperienza manageriale, principalmente nel settore del lusso, di cui 10 come amministratore delegato di Montblanc Italia. Ha inoltre lavorato con aziende come Mediaset, Beiersdorf e Coty.

Dal 2017 è direttrice generale di Valore D.

E’ business angel e investitrice in alcune startup.

E’ consigliera di amministrazione delle società quotate Piquadro e Digitouch.

Veneta, dopo la Laurea in Lingue e Lingue e Letteratura Straniere  a Venezia Barbara ha completato la propria formazione prima con il Master Publitalia ’80  e poi a livello internazionale con un Executive Program presso INSEAD.

Sposata, due figli, due gatti.

 

Igor Suran, croato di nascita e italiano di adozione ha competenze multilingue e ha maturato un’esperienza di quindici anni con ruoli dirigenziali (nel settore corporate e investment) in una delle primarie banche internazionali.

E’ direttore esecutivo, rappresentante legale e componente di diritto del Consiglio di Amministrazione dell’Associazione. 

Ricoprendo questo ruolo ha il compito di occuparsi dello sviluppo del business e dell'allargamento della compagine degli associati, confrontandosi in Italia e all’estero con la dirigenza delle aziende socie e delle potenziali associate, delle Pubbliche Amministrazioni e delle Università.

E’ formatore sulle tematiche del diversity management e dell’inclusione LGBT nei luoghi di lavoro e relatore a convegni ed eventi pubblici.

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