Nel corso dell’ultimo biennio si è molto parlato del Web3, poiché, essendo focalizzato sulla tecnologia blockchain, la sua popolarità ha tratto beneficio dalla crescente popolarità delle cryptovalute (Fungible Token) e dei Non-Fungible Token (NFT) su di essa basati. I termini Web3 e Web 3.0 hanno una tale analogia che per lungo tempo hanno tratto in inganno molti e, ancora oggi, si tende ad accomunarli. Tuttavia, dal punto di vista tecnologico, stiamo parlando di due mondi differenti: il Web 3.0 si focalizza sul web semantico, mentre il Web3 si ispira alla decentralizzazione come filosofia guida e mira alla creazione di una economia “trustless” (non richiede il supporto di un intermediario di fiducia) e “permissionless” (non ha un organo di governo), le cui applicazioni sono progettate secondo il paradigma “user-centric”. [3]
Il termine Web3 fu introdotto per la prima volta nel 2014 da Gavin Wood, co-fondatore di Ethereum, con l’obiettivo dichiarato di contrastare la concentrazione dei dati e dei contenuti nelle mani di pochi oligopoli e di consentire agli individui la riappropriazione e la valorizzazione degli stessi. L’urgenza di trovare una soluzione al problema della concentrazione del potere sul web è testimoniata da alcuni dati pubblicati dal World Economic Forum (WEF) nel mese di febbraio 2022: già nel 2019 il 43% del traffico netto totale era relativo ai servizi di Google (Alphabet), Amazon, Meta, Netflix, Microsoft e Apple. Questo predominio è più acuto nell’ambito delle rispettive aree di attività, con Google che controlla quasi l'87% del mercato di ricerca globale e Meta che raggiunge 3,6 miliardi di utenti unici sulle sue quattro piattaforme principali (Facebook, WhatsApp, Messenger e Instagram). [4]
Secondo molti l’approccio “user-centric” è utopistico e, in effetti, da quando il WEF lo introdusse è già passata più di una decade, ma, se pr endesse piede, potrebbe scardinare l’attuale modello di business degli oligopoli basato sullo sfruttamento dei dati personali. In un futuro contesto Web3 si potrà assistere alla nascita ed allo sviluppo di una economia decentralizzata grazie all’impiego delle cryptovalute e dei Non-Fungible Token. Tramite le prime, infatti, è possibile effettuare pagamenti digitali senza sottostare a garanzie e controlli centralizzati da parte di banche o di enti regolatori. Tali garanzie saranno offerte nativamente dalla tecnologia blockchain alla base delle criptovalute. Inoltre, tramite l’utilizzo dei Non-Fungible Token, sarà possibile attribuire agli individui, sempre in modalità decentralizzata, i diritti (fra i quali anche la proprietà) su qualsiasi oggetto o entità digitale (e, sempre più spesso, anche su quelli fisici), nonché il trasferimento dei medesimi. Ad oggi gli scenari di business non sono definiti, ma qualche primo caso di successo sta già emergendo. Decentraland è un esempio concreto, sebbene circoscritto, ove gli individui possono acquistare i diritti su appezzamenti di terreno virtuali, utilizzando una cryptovaluta (Mana) ed attestarne la proprietà mediante gli NFT.
Attualmente, stiamo assistendo allo sviluppo di applicazioni Web3 isolate che utilizzano una specifica blockchain e ne derivano la propria crypotovaluta ed i propri NFT. La diffusione del Web3 e del relativo modello di economia decentralizzata sarà strettamente dipendente dal livello di interoperabilità delle tecnologie blockchain impiegate. Non a caso Gavin Wood ha fondato la società Polkadot, la cui offerta di servizio dà la possibilità di interagire con un'ampia varietà di blockchain, consentendo trasferimenti cross-blockchain di qualsiasi tipo di dati o asset, non solo token. [5, 6]